La Newsletter di Radar procede e siamo molto contenti di vedere che la nostra community sta crescendo. Nel fondare questo magazine volevamo proporvi temi e approfondimenti (e volevamo mostrarveli, con foto, video, e illustrazioni di qualità) su ambiente, natura, geografia. Ci stiamo riuscendo, sembra. Nel caotico panorama dei media in Italia non è certamente facile, ma anche grazie al vostro coinvolgimento ci stiamo riuscendo, anche perché tra le molte e importanti novità di media slow e vicini ai propri lettori e lettrici, uno con una connotazione come Radar mancava.
Ora c’è.
Jacopo Pasotti, senior editor.
Nel nostro Radar
Le foreste sono le protagoniste del nuovo numero di Radar. Foreste che bruciano per lasciare il posto a coltivazioni intensive, foreste che scompaiono minacciando l’equilibrio sociale delle popolazioni che ci vivono. Abbiamo scelto di dare voce anche a storie di speranza, come quelle di chi si batte per proteggere questi ecosistemi.
La pandemia non ha fermato la deforestazione e in Indonesia le monocolture per la produzione di olio di palma stanno rimpiazzando la foresta vergine. Il servizio di Alfonso Lucifredi e i drammatici scatti di Paolo Petrignani ci portano nelle terre ferite del Borneo indonesiano.
La speranza per la salvaguardia della foresta arriva però da alcune comunità locali. Rudi Putra ci parla delle battaglie degli abitanti di Sumatra per la salvaguardia della foresta, coscienti che il loro futuro dipende dalla tutela della biodiversità dell’Isola.
L’equilibrio tra gli interessi delle popolazioni locali e la conservazione del patrimonio naturale è però fragile e rischia di spezzarsi. È quello che sta accadendo in Madagascar, dove l’insostenibile sfruttamento delle risorse naturali aumenta le disuguaglianze sociali. Vi raccontiamo questa storia attraverso le immagini del pluripremiato fotoreporter statunitense Ed Kashi.
E come fare quando una foresta brucia? Gianluca Liva ci spiega come si interviene per proteggere dal fuoco il patrimonio boschivo italiano, minacciato da incendi dolosi, cambiamenti climatici e scarsità d’acqua.
A Radar c’è spazio per l’arte e la scienza: e quindi vi mostriamo l’arte generativa di Sofia Crespo che intreccia il mondo digitale con quello naturale e quelli reali ma quasi invisibili.
Per finire vi portiamo in Mongolia a conoscere il Gatto di Pallas, elusivo felino che popola la steppa e del quale si sa ancora poco, come ci racconta Davide Michielin.
Infine, troverete anche la seconda puntata di Acacie, la rubrica mensile di Maurizio Carucci, degli Ex-Otago. Si parla del tempo del viaggio: quello lento delle camminate a piedi e quello lontano dei ricordi.
Scrutando oltre il Radar
Con voi, iscritti alla newsletter, condividiamo contenuti extra. In questo caso vi presentiamo Wildlife Initiative , che è una organizzazione non governativa fondata nel 2021. Di respiro internazionale, opera ovunque sia necessario aiutare la conservazione di specie selvatiche minacciate o poco conosciute.
«Un primo nucleo, già attivo in Mongolia, ha avviato alcuni progetti sul gatto di Pallas e sul leopardo delle nevi ma anche sulle comunità di mammiferi e sull'ecosistema in generale», spiega Davide Michielin. «Il gatto di Pallas (Otocolobus manul), protagonista del video che vi abbiamo proposto questo mese, è un piccolo e massiccio felide che vive nelle steppe dell'Eurasia, tra l'Armenia e la Mongolia. Ricoperto da una folta pelliccia, il gatto di Pallas è un predatore notturno. La sopravvivenza è minacciata dalla distruzione degli habitat i cui vive e dalla mancanza di prede. Attualmente, si stima che la specie conti circa 60 mila individui adulti ma lo studio e il monitoraggio delle popolazioni è complesso, a causa della elusività degli individui».
Oltre che in Mongolia, Wildlife Initiative sta per inaugurare dei nuclei operativi anche in Italia, paese di origine di alcuni dei membri, Ecuador e Repubblica Democratica del Congo. Per conoscere nel dettaglio i loro progetti, ed eventualmente sostenerli, potete seguirli sui social network (Facebook, Instagram e YouTube): @wildlifeinitiative.
Segnalazioni del Radar
Noi di Radar crediamo nel giornalismo partecipato. Mercoledì 31 marzo abbiamo avuto il piacere di confrontarci con voi durante il nostro secondo incontro aperto con la redazione. Questi incontri per noi sono importanti: sono le occasioni con cui iniziamo a includervi nel lavoro che facciamo con Radar, attivamente. Non solo perché parlare con chi ci legge è un canale per conoscere nuove storie, ma perché pensiamo che l'informazione sia un elemento importante della democrazia: sentire molte voci - voci diverse - aiuta a creare un giornalismo più inclusivo e attento al mondo che cambia.
Il primo di questi incontri, poco dopo il lancio del sito, era stato l’occasione per raccontarvi l’idea di proporre un progetto di giornalismo lento e scientificamente accurato. In questo secondo incontro, invece, volevamo parlare di temi ambientali, esperienze locali e cambiamenti che vi stanno a cuore. Hanno partecipato una quindicina di persone: lettori, attiviste, fotografi, scrittrici, ognuno con spunti e storie interessanti. Su alcune di queste abbiamo già iniziato a documentarci, e vi manderemo aggiornamenti su come procede il nostro lavoro. Organizzare questo tipo di incontri è complesso, soprattutto online: è anche per noi un'occasione per imparare e sperimentare, cercando di fare ogni volta un po' meglio.Un consiglio di lettura che mette insieme un argomento a noi particolarmente caro come il riscaldamento globale e il numero di aprile dedicato alle foreste, è C’era una volta il bosco - Gli alberi raccontano il cambiamento climatico. Sarà una pianta a salvarci?, di Paola Favero e Sandro Carniel, pubblicato da Hoepli nel 2019. A partire dalla drammatica distruzione portata nel Triveneto dalla Tempesta Vaia che, oltre alle vite di otto persone, si è portata via anche decine di migliaia di ettari di foreste, gli autori riflettono su come i nuovi equilibri climatici stiano mettendo in grave pericolo i nostri boschi più antichi, rimasti indisturbati per secoli. Cambiamenti repentini nel clima del nostro pianeta, in cui sorprendentemente anche gli oceani sono coinvolti, potrebbero minacciare un ecosistema solo all'apparenza imperturbabile come la foresta. Un libro che fa riflettere sulla complessità dei sistemi che regolano la natura e il clima del nostro pianeta, e su cosa fare per proteggere le sue fragili foreste.
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